
A Crevacuore, piccolo comune piemontese ricco di storia e tradizioni, esiste un dolce che affonda le sue radici nei secoli passati: il canestrello. Questa cialda caratteristica non è solo una prelibatezza locale, ma anche una finestra sul passato, un’eredità culinaria che ci riporta direttamente al Seicento.
Non ci soffermeremo qui sulla ricetta, che pure è interessante e custodita con cura da generazioni, ma piuttosto sulla storia che ha reso questo dolce parte integrante dell’identità di Crevacuore. Come molti sanno, uno degli ingredienti che rendono particolare il canestrello è il cacao, un prodotto esotico che venne introdotto in Europa dagli spagnoli nel XVI secolo, a seguito delle esplorazioni nel Nuovo Mondo. Tuttavia, fu solo nel secolo successivo, il XVII, che il cacao cominciò a diffondersi anche in Italia, in particolare nelle città di Firenze, Venezia e Torino.
Crevacuore, in quell’epoca, si trovava sotto l’influenza del Ducato di Savoia, e ciò permise alla cultura culinaria della zona di arricchirsi di nuove suggestioni, provenienti dalla nobiltà torinese. Il canestrello, nella forma che conosciamo oggi, fu verosimilmente influenzato proprio da quel contesto storico, dove i dolci iniziarono a farsi più raffinati, profumati di spezie e arricchiti di ingredienti esotici e costosi.
Oltre al cacao, infatti, il canestrello prevedeva anche l’utilizzo di spezie pregiate. Alcune di queste erano già conosciute nel Medioevo e impiegate nei monasteri o nelle cucine aristocratiche; altre, più rare e costose, giunsero in Europa nel Cinquecento, introdotte dai mercanti arabi che attraversavano il Mediterraneo con le loro preziose carovane.
Il costo elevato di queste materie prime fa capire perché il canestrello non fosse un dolce "di tutti i giorni", ma venisse preparato solo in occasioni speciali, come le grandi festività religiose o i matrimoni. La sua preparazione avveniva con un attrezzo tradizionale: un ferro inciso, spesso con le iniziali della famiglia, che veniva riscaldato sul fuoco e usato per cuocere le cialde. Ogni famiglia che poteva permetterselo possedeva il proprio ferro personale, un simbolo quasi araldico che legava il dolce alla casa che lo sfornava.
Non si può escludere che, in epoche ancora precedenti, esistesse una forma più semplice di canestrello, priva di cacao, forse preparata con farina di nocciole o di noci, ingredienti locali e più accessibili. Di questo, tuttavia, non esistono fonti documentarie certe: si tratta di un’ipotesi suggestiva che lascia spazio all'immaginazione e alla passione per le radici della cucina contadina.
Oggi, ogni volta che assaporiamo un canestrello a Crevacuore, non stiamo soltanto gustando un dolce: stiamo rivivendo una tradizione secolare, fatta di incontri tra culture, di sapori lontani e di storie di famiglia.
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